Sabato 29 Marzo ore 21.00

Domenica 30 Marzo ore 17.00

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GIANGURGOLO. Principe di Danimarca

Tratto dall’AMLETO di W. Shakespeare

Regia e adattamento - Max Mazzotta

Personaggi ed interpreti

Giangurgolo Francesca Gariano

Zio Pantalone Merusca Vera Staropoli

Bruzio e Dottor Pollone Francesco Aiello

Taliano e Spettro Paolo Mauro

Ofella e Pancrazio Graziella Spadafora

Aiuto regia - Organizzazione Iris Balzano; Costumi Merusca Staropoli;

Scenografia Gianluca Salamone; Responsabile tecnico – Consolle luci Gennaro Dolce;

Responsabile Teatro Scuola Francesca Gariano; Graphic Designer Gianluca D’Andrea

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Note di Regia

Sicuramente le maschere calabresi non hanno goduto della fama e risonanza, teatrale e letteraria, di figure quali Arlecchino o Pulcinella; ciononostante, anche la tradizione teatrale calabrese ha prodotto personaggi che, come i più illustri omologhi veneziani, bergamaschi o bolognesi, rappresentano una traccia viva e significativa della cultura di appartenenza.

Agli inizi del ‘700 faceva la sua comparsa, nelle piazze dei paesi e delle città, il personaggio di Giangurgolo, maschera calabrese il cui nome è indicativo del suo carattere; secondo alcuni, infatti, deriverebbe da Giovanni Boccalarga, nomignolo irrisorio rivolto in particolare ai dominatori spagnoli. Unisce dunque i tratti tipici dello Zanni, la sua vocazione agli scherzi e la sua doppia valenza di servo astuto o sciocco, con quelli del Gurgolo, spaccone, cialtrone e ingordo. I suoi caratteri principali sono la sbruffoneria, una spavalda aggressività che nasconde in realtà la sua profonda vigliaccheria, la sua cialtronesca vocazione alle chiacchiere e, soprattutto, la sua fame insaziabile.
Il personaggio di Giangurgolo, come la quasi totalità delle maschere della commedia dell’arte, veniva rappresentato spesso e principalmente in strada, sulla base di canovacci appena accennati che lasciavano grande spazio alla capacità di improvvisazione dell’attore, provocando il riso e il divertimento del pubblico attraverso la comicità dei lazzi e l’irrisione dei notabili e dei potenti che Giangurgolo incarnava.

Non essendo a noi pervenuta traccia di canovacci e trame classiche che prevedano la presenza del nostro, due sono le strade per riportare sulla scena Giangurgolo ai giorni nostri: scrivere un canovaccio ex-novo, misurandosi con il cambiamento del gusto nel pubblico in cinque secoli di evoluzione del teatro; oppure, immaginare il personaggio di Giangurgolo immerso in un contesto a lui completamente estraneo, e proprio per questo estremamente stimolante dal punto di vista creativo.

E cosa può essere più estraneo alla personalità di Giangurgolo, alla sua cialtroneria e intrinseca non-nobiltà, se non la più nobile delle espressioni teatrali, la tragedia? E quale tragedia è più nobile di quella di William Shakespeare? Può Giangurgolo vestire i panni del più tragico e nobile degli eroi shakespeariani, Amleto?

Proporre una rilettura dell’Amleto contaminata dalla commedia dell’arte, quindi necessariamente in chiave parodistica, è sicuramente una operazione rischiosa e difficile, ma che offre innumerevoli spunti; se Amleto è maschera, allora anche gli altri personaggi possono essere maschere grottesche. Re Claudio, con un po’ di fantasia, non è poi così distante dall’avaro Pantalone, così come Polonio possiede la stessa verbosità e prosopopea del dottor Balanzone. Anche l’elaborazione del testo, trasposto linguisticamente e geograficamente in una Calabria immaginaria ma non troppo, offre occasioni di gioco e sperimentazione che possono risultare sorprendenti.

La riproposizione in chiave comico-parodistica del racconto dell’Amleto, introduce lo spettatore ai temi della tragedia shakespeariana sfruttando le corde del grottesco e del riso liberatorio; meccanismo reso ancora più efficace dalla caratterizzazione dei personaggi per mezzo dei diversi dialetti, che annullano la distanza fra pubblico e palcoscenico, rendendo gli eventi che accadono sulla scena riconoscibili e godibili anche ai giovanissimi.
Il valore aggiunto di “Giangurgolo, principe di Danimarca” è nella straordinaria ricchezza del linguaggio teatrale, che si serve contemporaneamente della forza espressiva delle maschere, della pantomima, del canto e della musica dal vivo.

Max Mazzotta

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 Domenica 16 marzo | ore 17.00

La favola di Pinocchio

con il Teatro dei Burattini Gioiabilandia

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Lo spettacolo racconta la favola senza tempo che ha appassionato generazioni di bambini e lo fa attraverso l’antica arte dei burattini che riesce ancora a emozionare e a divertire, lasciando ai più piccoli anche spazio per l’immaginazione. Insieme al Teatro dei Burattini Gioiabilandia, si rivivranno le avventure di Pinocchio e dei suoi indimenticabili compagni: Geppetto, la Fata Turchina, il Gatto e la Volpe, il Grillo parlante, Mangiafuoco, i Carabinieri, Pulcinella e Arlecchino e tutti gli altri. Uno spettacolo per divertire grandi e piccini.

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Lunedì 10 Marzo ore 19.00

III GIORNATA NAZIONALE DELL’ATTORE

OMAGGIO A PINO MICHIENZI

Omaggio a Pino Michienzi

 

E’ giunta alla III edizione la “Giornata Nazionale dell’Attore” che si terrà per l’intera giornata di lunedì 10 Marzo al Teatro Comunale di Badolato, dedicata alla memoria di Pino Michienzi, fondatore, insieme ad AnnaMaria De Luca, della Compagnia Teatro del Carro.

La volontà di creare e portare avanti questa manifestazione nasce dall’esigenza di dare spessore e valore al mestiere dell’artista del palcoscenico che spesso, anche dopo fortunate carriere, sparisce dal pensiero dei tanti che attraverso le sue labbra e la sua voce hanno abbeverato il loro spirito e la loro anima. Proprio per questo il “Carro” non vuole che la ricchezza e i contenuti trasmessi attraverso la recitazione vadano perduti e dimenticati. La giornata ripropone la formula che ha caratterizzato quelle precedenti, vale a dire con una rappresentazione teatrale della stessa Compagnia, un incontro dibattito su Pino Michienzi, e un percorso fotografico curato da Tommaso Le Pera, uno dei più grandi fotografi di teatro d’Europa.

La novità di quest’anno, alle ore 19.00, è la proiezione del documentario curato  Luca Maria Michienzi dal titolo “Pino Michienzi. Frammenti di Parole”, che ripercorre la vita dell’artista attraverso un’intervista in cui si trattano tutte le tematiche che hanno caratterizzato i principi professionali e umani dell’attore. Quindi sarà lo stesso Pino a raccontarci della sua idea di teatro, della sua idea dell’uso della lingua calabrese, della sua ferma convinzione dell’esigenza di un teatro professionale affinché la Calabria possa essere riconosciuta al di fuori dei propri confini, e conseguentemente il tema della necessità di considerare il teatro come una disciplina a tutti gli effetti, dove non vi può essere spazio per gli improvvisati, ma solo spazio per un meticoloso studio e una approfondita ricerca. All’interno del documentario sono inseriti tre frammenti di spettacoli teatrali che, in sintesi, vogliono essere rappresentativi dell’etica teatrale e dei suoi contenuti (“Corrado Alvaro. Quasi una vita”), dell’utilizzo della lingua calabrese in forma poetica teatralizzata (“Malamura”) e infine dell’estetica (“Crucifige”) dove viene esaltata la forma propria dell’arte dell’attore.

Gli altri contenuti della giornata sono la doppia rappresentazione alle ore 9.00 e 11.00 dell’ “Arlecchino Deucalione” prodotto dal “Carro” all’interno dell’attività di Residenza Teatrale “MigraMenti. Poetiche del Viaggio”, spettacolo che porta in scena la contaminazione del linguaggio della Commedia dell’arte con quello del teatro mitico e classico: Arlecchino diventa Deucalione, il figlio di Prometeo, l’unico (forse) sopravvissuto al diluvio universale. La regia di questa opera, che è contaminata di eccellenze della Magna Grecia, quindi di tutto il nostro Sud, porta la firma di Michele Monetta, uno dei più grandi esperti europei di Commedia dell’Arte, e docente dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico di Roma. Hanno aderito alla visione della rappresentazione le scuole primaria e secondaria di Guardavalle e l’Istituto Salesiano di Soverato.

Domenica 23 Febbraio ore 17

HANSEL E GRETEL
(adattamento dalla fiaba dei fratelli Grimm)

con Antonella Carbone
Marionette e scene Carla Biodi

Regia Massimo Costabile

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Lo spettacolo propone un argomento molto interessante: l’angoscia della separazione, la paura di essere abbandonati e la paura della fame. Perché una storia riesca realmente a catturare l’attenzione del pubblico deve divertirlo e suscitare la sua curiosità; ma per poter arricchirne la vita deve stimolare la sua immaginazione, aiutarlo a sviluppare il suo intelletto e chiarire le sue ansie e aspirazioni, riconoscere appieno le sue difficoltà e nel contempo suggerire soluzioni ai problemi che lo turbano. Hänsel e Gretel è certamente la fiaba più conosciuta dei fratelli Grimm, un classico senza tempo che ancora oggi affascina i più piccini, riuscendo a coinvolgere anche il pubblico adulto. E’ la storia di due fratellini alle prese con i genitori che oppressi dalla fame e dalla povertà vogliono liberarsi di loro abbandonandoli nel bosco. La solitudine, la scoperta della casetta di marzapane, la paura della strega e la sua sconfitta fanno si che i ragazzi scoprono la possibilità di affrontare e superare insieme le difficoltà e risolvere i loro problemi anche attraverso l’uso della loro creatività. In un piccolo teatrino un’attrice – il Racconta Fiabe – unendo la tecnica della narrazione ad una grande abilità interpretativa e con il supporto di marionette senza fili cattura la fantasia e l’immaginazione dei bambini dando vita all’affascinante storia di Hansel e Gretel.

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Sabato 8 febbraio | ore 21.00

TEREZIN. Le farfalle non volano qui
con Antonella Carbone
regia Massimo Costabile
scenografia Michele De Santis

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«Terezin. Le farfalle non volano qui», una proposta di teatro di narrazione in cui si affronta la terribile realtà dei bambini che furono internati nel lager di Terezin prima di essere uccisi nelle camere a gas e bruciati nei forni crematori ad Auschwitz.

Nel campo di concentramento di Terezin furono rinchiusi 15.000 bambini di cui solo qualche centinaia riuscì a sopravvivere. La loro vita, conclusasi in un breve arco di tempo, fu dolorosissima , un vero inferno in terra, le sofferenze sia fisiche che morali furono allucinanti e inimmaginabili. Durante il periodo di internamento i bambini, tutti al di sotto dei 14 anni, riuscirono a scrivere poesie e comporre disegni Attraverso le loro opere, i bambini di Terezin hanno continuato a vivere e a comunicare i loro sentimenti, le paure, il terrore, la rabbia, l’angoscia, l’ansia, le speranze, i sogni dei loro ultimi giorni, mentre erano prigionieri, soli e abbrutiti dalla fame, dalle malattie, dal freddo, dalla violenza a cui,
senza sosta, venivano sottoposti. Disegni e poesie che descrivono la vita squallida del ghetto, ci comunicano un senso di oppressione e un’angoscia che toglie il respiro. Disegni e poesie che richiamano il sogno, il ricordo, la speranza, il desiderio di ritornare a vivere. Ed ecco che un bambino disegna una rosa e ne sente per un attimo il profumo penetrante o una farfalla e ne vede il colore giallo “così intenso, così assolutamente giallo” o la sua casa in cui spera di ritornare un giorno o un giardino pieno di fiori, ma la tristezza infinita e la malinconia struggente esplodono quando amaramente il bambino è costretto ad ammettere che nel ghetto non volano farfalle, non penetra la luce, non si sente il calore dei raggi del sole e i fiori nel piccolo giardino fioriranno quando il bambino sarà morto.
Con l’ausilio di qualche oggetto e di immagini/video l’attrice, sola in scena, nel doppio ruolo di narratrice e di superstite, ci fa rivivere da una parte, le sofferenze, le paure, la disperazione, la solitudine nel campo di concentramento di Terezin e dall’altra, attraverso i disegni e le poesie, la speranza dei bambini di rivedere di nuovo una farfalla volare sui prati.
Si ricrea quello che i bambini di Terezin hanno cercato di rispondere con la loro dolcezza e con il loro infantile dolore ad uno dei più allucinanti avvenimenti dell’ultimo conflitto mondiale.

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Madrigale - Teatro del Carro

MADRIGALE
da Emilio Argiroffi, Nosside, Federico Garcia Lorca, Corrado Alvaro, Pino Michienzi

con
AnnaMaria De Luca
Elena Santise
Mimmo Audino
Attilio Gualtieri
Giuseppe Gualtieri

regia Luca Maria Michienzi

Sabato 14 alle ore 21 e Domenica 15 alle ore 17 vi sarà il debutto dell’ultima produzione del secondo anno di residenza teatrale. Si tratta di “Madrigale” uno spettacolo di Luca Maria Michienzi che trae ispirazione dalla composizione poetica “Madrigale siciliano con alfabeti e tamburi”, di uno dei più grandi poeti calabresi di adozione, Emilio Argiroffi.

L’adattamento teatrale rispetta volutamente gli elementi essenziali del componimento poetico, mantenendo il lirismo delle parole di Argiroffi e di quelle di altri autori come Garcia Lorca e Alvaro: un incontro fra la poesia classica e contemporanea, rielaborato in un unico percorso d’amore, che sposa i suoni della tradizione musicale popolare riorganizzati in musica e ritmi improvvisati. Nel testo vi è un approfondito lavoro sulla lingua calabrese, sul recupero dell’idioma puro, non contaminato da pseudo dialetti che nel tempo ne hanno deviato la natura, ricca al contrario di derivazioni greco-latine, di spagnolismi, di francesismi e dei più affascinanti fonemi arabo-normanni, quelli autoctoni delle proprie radici. Poesia come ricerca della parola attiva trasmessa non solo come testimonianza del popolo, ma come materia viva, pulsante, attraverso la mediazione del teatro che, attivando i suoi meccanismi, arricchisce la Storia di contenuti essenziali ed emotivi.
Nello spettacolo i versi, i ritmi, i suoni delle parole dialogano costantemente con la musica e la danza. Musica eseguita dal vivo da un trio formato da Mimmo Audino (fondatore, anima e voce dei Marasà), Attilio Gualtieri alle corde e chitarre e Giuseppe Gualtieri alla fisarmonica e bandoneon. Un trio capace per talento, formazione ed esperienza di eseguire partiture in cui si fondono la tradizione con la cultura musicale classica.
Elena Santise è, nello spettacolo, la danza e il movimento che dialoga ininterrottamente con le parole e i versi.
Il corpo della danzatrice diventa, così, specchio e alter ego fisico della voce e del corpo dell’attrice protagonista, AnnaMaria De Luca

schiaccianoci locandina

 

Domenica 1 Dicembre | ore 17.00

SCHIACCIANOCI. Una favola Jazz

Una favola raccontata da AnnaMaria De Luca

Con il corpo di ballo della TaekDance Academy

Coreografie Arlyett Amador Calzado

Musiche Pyotr Tchaikovsky e Duke Ellington

Ingresso posto unico 5,00 €

Est

ancora rose

Sabato 23 novembre 2013 | ore 21.00

AMORE E STALKING

(Un viaggio all’inferno)

 Con Francesco Aiello, Noemi Caruso, Paolo  Cutuli

Stefania De Cola, Giusy Mellace, Francesco Votano

Regia  Lindo Nudo

Costumi di scena Rita Zangari; Impianto scenico e drammaturgia Lindo Nudo; Assistente alla regia Jo Lattari; Disegno Luci Paolo Carbone; Elaborazione Suoni Alessandro Rizzo, Macchinista di scena Giuseppe Delia; Collaborazione drammaturgica Mimmo Donato, Jo Lattari;

“Stalking”  è un termine che indica il ripetuto  tentativo da parte di un individuo di diventare padrone della vita  di un altro seguendone le tracce e i movimenti, come in una caccia, ossessionandolo..Le storie raccontate nello spettacolo ci consegnano la testimonianza di una realtà diffusa, fatta di amore e odio, di arroganza e paura, di affetti stracciati, di lacrime, sangue e sopraffazione, fra persone normali, come noi. Le storie di chi, per aver accettato un fiore, uno scambio di sorrisi, una gentilezza, talvolta un affetto, si è trovato poi trascinato in un incubo, ostaggio di un predatore chiamato stalker. Chi è questo sconosciuto ? Questo ospite scomodo della nostra esistenza ? Può essere chiunque e questo spettacolo vuole raccontarlo. Lo spettacolo Stalking vuole essere un simbolico risarcimento per chi ha sofferto ed è rimasto inascoltato, finché qualcosa di irreparabile ha trascinato la sua vita sotto gli occhi di tutti. I tanti – e certamente  anche qualcuno di noi – che poi avremmo detto: “Prima o poi doveva succedere, erano anni che diceva di avere paura, aveva fatto anche denuncia…”

Amore e stalking è un incrocio di vite, di vicende di donne, soprattutto, che hanno subito la violenza fisica e psicologica di un amore degenerato o mai nato e non corrisposto, e poi vissuto nella forma dell’ossessione. Storie diverse, osservate da più punti di vista, ma accomunate dal racconto di un dolore, spesso ignorato, sottovalutato, talvolta non compreso. Un dolore che, fino a poco tempo fa in Italia (il reato è stato introdotto nel codice penale soltanto nel 2009), non poteva trovare giustizia, e rimaneva perciò muto, del tutto inascoltato. Lo spettacolo aspira a raccontare anche questo, attingendo, attraverso una complessa operazione drammaturgica, alla cronaca e alla letteratura. In un gioco a incastri, si racconta così l’orrore della realtà, con i suoi episodi di sopraffazione abuso e violenza

Arlecchino - Michienzi - De Luca

Arlecchino - Michienzi - Carioti

Arlecchino - Michienzi 1

Domenica 10 novembre | ore 17.00

ARLECCHINO DEUCALIONE. Approdo in Magna Graecia

di Michele Monetta – riscrittura scenica in chiave di teatro contemporaneo da “Arlequin Deucalion” di Alexis Piron

con
ANNA MARIA DE LUCA
LUCA MARIA MICHIENZI
PIERPAOLO BONACCURSO
JOSEPHINE CARIOTI
LUCIA CRISTOFARO
FABIO TROPEA

Costumi  Michele Monetta; Scene  AnnaMaria De Luca;

Disegno luci  Gianni Grasso; Linguaggio musicale  Fabio Tropea

Regia MICHELE MONETTA

Realizzazione maschera arlecchino  Maria Laura Buonocore; Imago mito contemporanee  Nino Pracanica
Assistente regista  Greta Belometti; Realizzazione costumi  Mariella Bruzzese;

Organizzazione Franco Marzocchi

Una produzione del Teatro del Carro – Pino Michienzi nell’ambito del progetto di  Residenza Teatrale “MigraMenti”.

Il testo ispirato al mito greco di Deucalione (figlio di Prometeo) è tratto da un’opera teatrale del ‘700 scritta per un teatro di “fiera” all’aperto.

Il mondo è stato colpito da un grande diluvio. Tra le onde del mare in tempesta, tra fulmini e pioggia, aggrappato ad un barile, l’unico superstite dell’umanità è Arlecchino. Allo stremo delle forze, dopo aver pregato e scongiurato il dio Nettuno a gran voce di risparmiarlo Arlecchino riesce a sopravvivere miracolosamente al cataclisma. Egli resiste tra le fredde e gigantesche onde per essere infine gettato dal mare su una piazza deserta piena solo di sabbia, calcinacci e detriti.

Euforico Arlecchino si autoproclama subito re del mondo intero, ma poi si rende conto di essere rimasto solo. Nella disperata esigenza di incontrare un essere vivente si avventura nella boscaglia circostante. Con affanno e spavento incontra Themis la divinità greca della Giustizia. Themis gli rivela la maniera di ripopolare la Terra ma usa un’ambigua e misteriosa formula che il povero Arlecchino non riesce a decifrare, perché la figura parla una lingua arcaica e misteriosa, nonché complessa nei concetti.

Solo l’apparizione di uno spirito totalmente folle chiamato Polichinelle-Momus gli svelerà l’oracolo.

In innumerevoli narrazioni dell’antichità l’elemento sconvolgente del diluvio ha sempre rappresentato l’accadimento rigenerante dell’intera umanità, oltre ad essere un passaggio traumatico che invita a una concreta e profonda riflessione sulle proprie ragioni di vita.

La messa in scena

Gli elementi principali sono: recitazione in italiano, calabrese, arbreshe  e francese; danze popolari del sud Italia; percussioni e strumenti ritmici tradizionali (lira calabrese, fischiotti, tammorre; timpani; crotali…); maschere dimidiate della Commedia dell’Arte; maschere tragiche e comiche; pantomima

LA COMPAGNIA TEATRO DEL CARRO

Il Teatro del Carro vuole che la matrice dei propri programmi culturali sia continuamente fonte di memoria storica, pianificata e divulgata fra dramma e commedia, per divenire bagaglio di conoscenza e tradizione per le giovani generazioni.

Programma ambizioso per cui “il Carro” si fa continuamente testimonial di una terra difficile e ostica che deve riappropriarsi di una cultura che per secoli le è appartenuta e alla quale la società migliore non intende assolutamente rinunciare.

Finalità primaria della Compagnia è la valorizzazione di autori di nascita o di adozione calabresi, attraverso la rappresentazione teatrale dei loro testi, ovvero attraverso la poesia, il racconto, il romanzo, il diario, l’intervista, la testimonianza e quant’altro, per meglio divulgarli e raccontare inoltre accadimenti verificatisi in Calabria, per meglio comprendere la crescita civile e morale di un popolo, monitorandoli con micro-storie di gente comune fatte di piccole abitudini, di gioie o di amarezze quotidiane, di sentimenti graffiati a volte minimizzati se non del tutto trascurati; e macro-storie per più roboanti eventi di epoche passate che hanno segnato fatalmente le vicende e il destino di questa terra.

Selezione severa, dunque, dei testi, nell’interesse di una politica culturale d’appartenenza etnica, storica e linguistica, quest’ultima intesa come idioma, lingua madre e non come vernacolo tout court. E anche di questo interesse-dovere si fanno carico i responsabili artistici del Teatro del Carro, analizzandone il profilo essenziale e tentando, attraverso le finalità già evidenziate, di non far sparire del tutto la tanto appellata e pur tuttavia trascurata “identità”.

La Compagnia ha all’attivo oltre 25 anni di esperienza e i suoi componenti sono professionisti attori, registi e autori.

Dal mese di maggio 2012, la Compagnia è titolare della Residenza Teatrale “MigraMenti. Poetiche del Viaggio”, cofinanziata dall’Assessorato alla Cultura della Regione Calabria attraverso POR Calabria Fesr 2007/2013 L.I. 5.2.2.2.

MICHELE MONETTA

Regista, Attore e Insegnante di Mimo Corporeo tecnica Decroux, Maschera e Commedia dell’Arte, Specializzato in pedagogia teatrale. Allievo del M° Etienne Decroux. Gli studi artistici-figurativi e poi di architettura all’Università di Napoli Federico II gli creano un interesse particolare per la scenografia e lo studio del corpo e del movimento nello spazio. Dopo i primi studi di dizione, clown e pantomima a Roma al MimoTeatroMovimento, si trasferisce a Parigi e per circa tre anni studia mime corporel con il M° Etienne Decroux. Contemporaneamente si perfeziona all’École de Mime Corporel Dramatique de Paris con i maestri Steve Wasson e Corinne Soum. Negli stessi anni frequenta l’École Nationale du Cirque Fratellini per la danza, l’equilibrismo e il clown. Dal 1976 ad oggi è stato regista, attore, mimo e coreografo in produzioni teatrali di testi di Goldoni, Gozzi, Piron, Beckett, Rodari, Lorca, Rilke, Petrolini, Compagnone, Artaud, Scabia, Majakovskij, e in Opere Musicali di Stravinskij, Rossini, Offenbach, Mozart, Cimarosa, Paisiello, Jommelli, Donizetti, Pergolesi, Monteverdi, Lucchetti, Banchieri. Si è specializzato negli anni ’90 a Parigi con Monika Pagneux in pedagogia teatrale. Ha lavorato con i registi: Vera Bertinetti, Giacomo Battiato, Giancarlo Cobelli, Ruggero Cappuccio, Ugo Gregoretti, Peter Clough, Ken Rea, Dino Partesano, Constantin Costa-Gavras, Mariano Rigillo, Lorenzo Salveti, e con i musicisti Salvatore Accardo, Riccardo Muti, Roberto De Simone. Ha collaborato come regista con la Sezione didattica del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Ha lavorato come curatore dei movimenti scenici, mimo e regista per Il Teatro di San Carlo di Napoli, Teatro alla Scala di Milano, Teatro Comunale di Bologna, Teatro Lirico Vittorio Emanuele di Messina, Rossini Opera Festival di Pesaro, Teatro Lirico Sociale di Rovigo e per il Teatro Lirico dell’Aquila di Fermo. Dal 1991 collabora con il prof. Marco De Marinis e con il DAMS di Bologna per seminari, laboratori, videoforum e convegni. Ha condotto laboratori di mimo corporeo alla sessione del Teatro Eurasiano diretta da Eugenio Barba. Ha coperto il ruolo di regista, attore e insegnante in Italia, Francia, Svizzera, Ungheria, Polonia, Russia, Grecia, Indonesia e Malesia. Nel 1999 è co-fondatore e co-direttore del Centro Internazionale di Ricerca sull’Attore che raccoglie, coordina e sviluppa attività nel campo del teatro, della musica, della pedagogia nell’arte drammatica e dei linguaggi multimediali e promuove i settori: Scuola di Mimo Corporeo, Laboratorio Espressivo Dramma Arte (LEDA), Atelier di Commedia dell’Arte, nonché la compagnia teatrale. È docente di Maschera e Commedia dell’Arte all’École-Atelier Rudra diretta da Maurice Bejart in Svizzera. Insegna maschera e mimo all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico” di Roma.

la partita

 

Venerdì 25 Ottobre | ore 21.00

LA PARTITA
Produzione Scena Nuda (RC) /Microteatro Terra Marique (PG)
Regia Gennadi Nicolaevich Bogdanov
Traduzione e assistente alla regia Brenda Bronfman
con Filippo Gessi, Claudio Massimo Paternò, Teresa Timpano
costumi Naele Latella – scenotecnico Antonino Alessi – musiche Simone Squillace – luci Claudio M. Paternò

L’idea è quella di “giocare” con il teatro dell’assurdo offrendone una diversa chiave interpretativa.
Un viaggio lungo 40 anni, riscrivendo il testo, tratteggiando i protagonisti anche attraverso i colori grotteschi degli intermezzi, degli sketch e clownerì raccolte da Tristan Remy nel suo libro “I clown”.
Vera espressione dell’umanità, coloro che fondano la loro arte sui rapporti di potere, che rispecchiano la quotidianità e la rendono buffa e surreale, che creano una visione distorta e ilare di quei problemi che gli spettatori ritroveranno una volta usciti da teatro.
L’impossibilità del possesso in amore e l’illusione dell’amicizia: se l’amore è una finzione della tristezza dell’uomo, l’amicizia è una finzione della sua codardia. Se nessuna delle due cose può essere realizzata a causa dell’impenetrabilità di ogni “cosa mentale”.
Il fallimento di ogni tentativo di possesso può avere almeno la nobiltà di ciò che è tragico, mentre il tentativo di comunicare laddove nessuna comunicazione è possibile, è soltanto una volgarità scimmiesca, o qualcosa di orrendamente comico, come la follia che fa parlare coi mobili.
Il solo possibile sviluppo spirituale è in profondità.
La tendenza non è nel senso dell’espansione ma della contrazione.
E l’arte è l’apoteosi della solitudine.
Non vi è comunicazione perché non vi sono mezzi di comunicazione

GENNADI NIKOLAEVIC BOGDANOV