Sabato 21 ottobre | ore 21.30
Teatro Comunale di Badolato
Residenza Teatrale MigraMenti Off
Rassegna Artisti Emergenti premiati in festival di teatro italiano
COME UN GRANELLO DI SABBIA
Giuseppe Gulotta, storia di un innocente
testo e regia di Salvatore Arena e Massimo Barilla
con Salvatore Arena
scene Aldo Zucco
equipe tecnica di scenografia Antonino Alessi, Grazia Bono, Caterina Morano
musiche originali Luigi Polimeni
disegno luci Stefano Barbagallo
assistente alla regia Ylenia Zindato
consulenza storica Giuseppe Gulotta e Nicola Biondo
autori del libro “Alkamar. La mia vita in carcere da innocente” (ed. Chiarelettere)
una co-produzione MANA CHUMA TEATRO / FONDAZIONE HORCYNUS ORCA /HORCYNUS FESTIVAL ‘15
in collaborazione con La.P.E.C. E GIUSTO PROCESSO
con il sostegno di Provincia di Reggio Calabria, Comune di Reggio Calabria, Comune di Bova.
LA STORIA
A diciotto anni Giuseppe Gulotta, giovane muratore con una vita come tante, viene arrestato e costretto a confessare l’omicidio di due carabinieri ad “Alkamar”,una piccola caserma in provincia di Trapani.
Il delitto nasconde un mistero indicibile: servizi segreti e uomini dello Stato che trattano con gruppi neofascisti, traffici di armi e droga. Per far calare il silenzio serve un capro espiatorio, uno qualsiasi. Gulotta ha vissuto ventidue anni in carcere da innocente e trentasei anni di calvario con la giustizia. Non è mai fuggito, ha lottato a testa alta, restando lì come un granello di sabbia all’interno di un enorme ingranaggio. Fino al processo di revisione (il decimo, di una lunga serie), ostinatamente cercato e ottenuto, che lo ha definitivamente riabilitato.
LA SPETTACOLO
Una storia dai contorni oscuri e tormentati, dalle conseguenze violentemente drammatiche e non risanabili. Per quello che Giuseppe Gulotta ha vissuto, protagonista suo malgrado di questo itinerario, ma anche per le altre varie vittime della vicenda, affrontare questi avvenimenti sulle tavole di un palcoscenico pone di fronte ad una grande responsabilità.
La responsabilità, certo, di non tacere l’incredibile vicenda legale, la lunghissima serie di omissioni, errori, leggerezze, falsificazioni, palesi violazioni della legge che oggi ci fanno definire questa vicenda come una vera e propria frode giudiziaria.
La responsabilità, naturalmente, di non dimenticare il contesto e gli interessi in campo che generano il dramma.
Ma principalmente la responsabilità di declinare la drammaturgia, attraverso la vicenda umana di Giuseppe (ma anche di Salvatore e Carmine – le due vittime della strage – o di Giovanni, Vincenzo, Gaetano – gli altri capri espiatori designati) rendendo giustizia alla sua dimensione personale, quella di una vita quasi interamente sottratta per ragioni inconfessabili. Provare ad innescare un processo di identificazione, pur senza aver attreversato quello che lui ha attraversato, senza aver sofferto quello che lui ha sofferto con un incredibile senso di dignità e consapevelozza. Provare a compiere questo corto circuito narrative riuscendo a sottrarsi a qualsiasi intento retorico. La voce di Giuseppe ci attira in questo vortice raccontando, come trovasse per la prima volta qualcuno disposto ad ascoltare, la gioventù interrotta, l’arresto, le torture, i colpevoli silenzi, i pregiudizi, ma anche l’irriducibile cocciuta speranza in un restituzione finale della propria umile e alta identità. Lo fa alternandosi a voci secondarie, ma necessarie: un vicequestore illuminato schiacciato anche lui dall’ingranaggio, l’ufficiale dell’arma regista occulto delle torture (un Kurz rovesciato, lucido e per nulla tormentato), la moglie Michela, i genitori. Ogni voce, ogni episodio del vortice, trova il proprio luogo all’interno della scenogrofia, leggera e opprimente ad un tempo, di Aldo Zucco, capace di diventare multiforme nei suoi pochi, ma importanti segni. Le musiche originali di Luigi Polimeni, contrappunto ritmico ed emozianale al racconto, diventano esse stesse.
Paolo Randazzo – Dramma.it
COME UN GRANELLO DI SABBIA
Che cosa grande è il teatro quando, nella semplicità del gesto scenico, riesce a condensare e riprodurre il senso di un intero momento storico, riesce a leggerlo in profondità quel momento, a restituirlo nella sua dinamica più profonda e autentica, lacerante e tragica. (…) Si tratta di uno spettacolo intenso, rigoroso nel suo disegno e vissuto, recitato, agito – segmento dopo segmento – non solo con la certezza “politica” di fare un servizio concreto alla costruzione di una seria coscienza libera e democratica nel nostro paese (una coscienza che ha il diritto di domandare e di ottenere risposte), ma anche con la giusta consapevolezza che l’unica onestà che il teatro può garantire è la verità (…). Verità storica, senso politico e qualità della messinscena, tre ingredienti in perfetto equilibrio che rendono importante questo spettacolo che diversamente, e facilmente, avrebbe potuto perdere di senso e di profondità”.
Marco Menini –Krapp’s last post
UN GRANELLO DI SABBIA GRANDE COME UN MACIGNO
Ogni tanto può capitare di assistere a messinscene che hanno una necessaria ragione di essere, che ci raccontano storie e lo fanno senza retorica, senza cercare a tutti i costi di fare presa sul pubblico e che ci tengono svegli, ci fanno riflettere e soprattutto hanno un’anima(…), messinscene che regalano veri “momenti di teatro”.
Gigi Giacobbe –Sipario.it
COME UN GRANELLO DI SABBIA
È una storia terribile dai risvolti kafkiani quella che racconta Salvatore Arena nella sala Laudamo di Messina, sfoderando una grinta che gli è congeniale in un monologo dagli infiniti toni vocali (…).
Uno spettacolo vibrante, ricco di tensione e di suspence, per merito chiaramente d’un bravo Salvatore Arena, che per 70 minuti ha fatto viaggiare sulla lama d’un rasoio gli spettatori
Francesco Tozza –Scenario on line
INGIUSTIZIE DI GIUSTIZIA E CATARSI DEL PALCOSCENICO
Nel lavoro mirabilmente interpretato grazie al talento dall’attore (…) aleggia un cupo e torbido clima di smarrimento, in un paesaggio opaco, umbratile e viscido, a suo modo sterminato, nonostante la voluta ristrettezza dello spazio scenico. La scrittura non è documentaria, non ha la freddezza della pura inchiesta sociale, ma vuole offrire del mondo, cui il malcapitato Gulotta appartiene, un’immagine intensa, calandosi all’interno dei suoi valori arcaici… E’ la catarsi del palcoscenico, l’antica medicina per purificare le passioni umane, comprendendole per superarle; facendo riaffiorare alla coscienza eventi subdolamente rimossi. Per non dimenticare.
Antonia Dalpiaz – L’Adige
GULOTTA TRA IL PUBBLICO: RESTITUITEMI LA MIA VITA
Gulotta(…) ha visto sé stesso e la sua storia passargli davanti, attraverso, la voce, il corpo, I silenzi di un attore, Salvatore Arena, che ne ha raccontato con profonda partecipazione non solo artistica ma umana le vicende incredibili (…). Applauditissimo lavoro e convincente interpretazione. Un incontro a teatro che non sarà facile dimenticare.
Francesco Saija – Nuovo soldo
LO SPASIMO DI TRAPANI
Su un palcoscenico nero di dolore e di sofferenza, con una eccezionale scenografia, semplice e contemporaneamente forte, il bravissimo attore Salvatore Arena riesce (…) a fare rivivere sul palcoscenico i momenti lieti ( pochi ) e dolorosi ( molti ) della vita annientata di Giuseppe Gulotta. Un crescendo recitativo e drammaturgico di grande intensità che porta lo spettatore quasi a sdoppiarsi e a trasferirsi sul palco, con l’anima e con il cuore, su quella “via dolorosa” di un giovane che sappiamo ormai libero e al quale è stata espiantata una gran parte della vita e soprattutto la giovinezza. Uno spettacolo che ancora per anni dovrebbe calcare i palcoscenici (…) riuscitissimo e di grande impegno civile e teatrale.
Giovanna Villella – Lameziaterme.it
CAPTIVUS O DELLA VITA SOTTRATTA
Salvatore/Giuseppe avviluppa nel suo acquario circolare uomini, parole, cose, volti, gesti tutti offerti senza reticenza né segreto. Offre la sua malinconia, il suo sole perduto, la sua persecuzione, la sua reclusione. (…) Teatro del presente che ci offre un nero rituale, un vuoto assolutamente colmo, sorretto da una scrittura drammaturgica costruita sulla poetica del frammento dove le riflessioni del tempo presente si intrecciano a memorie, a squarci di vita vissuta in una partitura di parole e gesti (…) Intensa e palpitante l’interpretazione di Salvatore Arena che sa restituire il respiro, le emozioni, il dolore, l’amore, l’attesa e la dignità di un uomo per troppo tempo rimasto senza voce.
Sara Casini – Lo sguardo di Arlecchino
INNOCENTI E COLPEVOLI: SABBIA NEGLI INGRANAGGI
Nella luce, piccole schegge di legno paiono esplodere nella follia di una violenza irrazionale. La narrazione procede, e il giovane raggiunge la maturità sotto il peso di una colpa inflittagli da altri, incapace di lavare il proprio nome. Arena dà voce ai vari personaggi che tessono questa insondabile trama: gli amici, la moglie, avvocati, giudici… Sono diversi i momenti che ci colpiscono con la loro sincerità, nella descrizione di una vita che, pur segnata da colpe altrui e quasi distrutta, si ricostruisce poco per volta, combattendo per la propria libertà, ignorando il funzionamento di un sistema più grande, impalpabile, pesantissimo.
Oriana Schembari –Yes Calabria
Un clamoroso errore giudiziario raccontato in un monologo estremamente coinvolgente, l’orrore dell’ingiustizia, la paura, il carcere quasi come il rifugio dalla violenza, la speranza un giorno di liberarsi dell’onta di un crimine mai commesso. Una storia che viene “data” completamente allo spettatore, attraverso un’adesione vivissima alla vicenda umana del protagonista. Il teatro si fa qui testimonianza civile, forma pubblica di riscatto, e mette in guardia sui pericoli che in ogni società corre la libertà di ognuno, schiacciata sotto il peso di un potere che intreccia trame occulte per piegare a sé la vita del Paese. Un tema spesso trattato dalla compagnia reggina, una delle più interessanti del panorama nazionale del teatro contemporaneo.
Grazia Candido – il quotiano della calabria / strill.it
REGGIO – IL “CILEA” IN PIEDI PER “UN GRANELLO DI SABBIA”
Una campana in mezzo alla scena, uno sgabello sul quale è seduto un uomo illuminato da una luce che si domanda costantemente “come si conta l’aria?”, quell’aria di tutta la vita che manca, che ingiustificatamente è stata tolta, violentemente sottratta. Sul palco, è lo straordinario attore Salvatore Arena a raccontare la storia di Giuseppe.